L'amido resistente è definito come la frazione di amido che resiste alla digestione nell'intestino tenue e raggiunge il colon, dove viene fermentato dalla flora batterica e agisce come una fibra prebiotica, favorendo la crescita di batteri benefici nel colon e la produzione di acidi grassi a catena corta (Scfa). L'interesse per questo tipo di fibra è cresciuto negli ultimi decenni e oggi abbiamo una migliore comprensione dei diversi tipi di amido resistente, delle loro fonti alimentari e del loro potenziale impatto sulla salute. L'integrazione di amido resistente ha dimostrato effetti promettenti sulla riduzione del peso corporeo e sul miglioramento della resistenza all'insulina, come evidenziato da diversi studi.
In uno studio clinico crossover, controllato con placebo e in doppio cieco, condotto su individui in sovrappeso o obesi, l'integrazione per 8 settimane ha portato a una significativa riduzione del peso corporeo (-2,81 kg), della massa grassa e della circonferenza della vita rispetto a un gruppo di controllo che assumeva amido di mais digeribile. Lo studio, inoltre, ha dimostrato un miglioramento della sensibilità all'insulina, valutata mediante clamp iperinsulinemico-euglicemico, con un aumento significativo del tasso di infusione del glucosio. L'amido resistente ha anche ridotto i livelli sierici di Tnf-α e Il-1β, marcatori di infiammazione cronica di basso grado associati all'obesità e alla resistenza all'insulina.
Un altro studio clinico randomizzato crossover ha valutato gli effetti dell'amido di banana nativo (Nbs) e dell'amido di mais ad alto contenuto di amilosio (Hms) sul controllo glicemico e sulla variabilità glicemica in pazienti con diabete di tipo 2. I risultati hanno mostrato che sia l'Hms che l'Nbs hanno indotto un aumento della glicemia media delle 24 ore durante i giorni da 2 a 4. Tuttavia, l'assunzione di Nbs ha provocato una riduzione delle variazioni della glicemia a digiuno rispetto alla Dms.
Uno studio randomizzato e controllato con placebo di 4 mesi, condotto su pazienti con Nafld, ha dimostrato che l'intervento con amido resistente ha portato a una riduzione assoluta del 9% del contenuto di trigliceridi intraepatici, un parametro chiave della steatosi epatica, con una riduzione del 5,9% dopo l'aggiustamento per la perdita di peso. Lo studio ha anche scoperto che gli amminoacidi a catena ramificata sierici (Bcaa) e le specie microbiche intestinali, in particolare il Bacteroides stercoris, erano significativamente correlati con contenuto di trigliceridi intraepatici e gli enzimi epatici e sono stati ridotti dall'integrazione. Ulteriori analisi hanno suggerito che il B. stercoris potrebbe contribuire alla progressione della Nafld attraverso la produzione di Bcaa.
Una metanalisi ha mostrato che l'assunzione di amido resistente può ridurre significativamente i livelli sierici di indolophenol solfato (Is), fosforo nel sangue, Il-6 e acido urico nei pazienti in dialisi, ma non ha evidenziato cambiamenti significativi in altri parametri, come la creatinina sierica e l'azoto ureico.
L'amido resistente, agendo come fibra prebiotica, favorisce la crescita di Bacteroides adolescentis e Ruminococcus bromii, entrambi batteri con un ampio potenziale nel migliorare la salute metabolica.
Silvia Ambrogio
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- Vive la resistant starch: A potential treatment for metabolic dysfunction-associated steatohepatitis. Cell Metab. 2023 Sep 5;35(9):1491-1493.
L’amido resistente (o resistant starch RS) è considerato una fibra alimentare che sfugge alla digestione e all’assorbimento intestinale, arriva intatto nel colon e fermentato dal microbiota intestinale (azione probiotica) favorisce la produzione di acidi grassi a catena corta; questi, il butirrato e il propionato, sono coinvolti nel miglioramento della sensibilità insulinica e del metabolismo lipidico, il butirrato in particolare ha anche capacità anti-tumorali ed anti-infiammatorie significative. L’amido resistente aumenta inoltre il senso di sazietà inducendo una riduzione dell’introito energetico che favorisce il mantenimento di un peso corporeo adeguato.
L’aumento di peso generato dal consumo di prodotti a base di comuni carboidrati quali pane bianco, biscotti o simili prodotti con farine raffinate, è causato dalla eccessiva quantità degli stessi e dalla velocità con cui il nostro organismo assorbe da questi il glucosio contenuto nel loro amido.
La velocità di assorbimento del glucosio nel sangue aumenta la produzione dell’insulina che fisiologicamente ne immagazzina l’eccesso sotto forma di grassi. Al contrario gli amidi resistenti favoriscono la regolazione della glicemia tra un pasto e l’altro, cioè negli intervalli più critici per diabetici e soggetti in sovrappeso.
Studi prospettici hanno mostrato che le concentrazioni di glucosio post-carico orale rappresentano un migliore predittore di rischio cardiovascolare rispetto ai valori glicemici a digiuno. Infatti, durante il digiuno, la glicemia è piuttosto costante mentre nel periodo post-prandiale si verificano fluttuazioni rilevanti che possono permanere anche diverse ore. Inoltre, un’elevata risposta glicemica post-prandiale, anche se all'interno di un range di normalità, induce un innalzamento repentino della concentrazione di insulina ma anche un aumento dei lipidi plasmatici, che contribuiscono allo sviluppo della disfunzione endoteliale, il primum movens del danno vascolare che precede la formazione di placca aterosclerotica. (Vetrani_Claudia_29ciclo.pdf (unina.it)
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