Diversi studi, hanno cercato di comprendere il collegamento fra cibo, problemi dell’umore e, appunto, il ruolo della serotonina. La serotonina - nota anche come "ormone del buonumore", è un neurotrasmettitore sintetizzato nel cervello e in altri tessuti a partire dall'amminoacido essenziale triptofano. La serotonina è coinvolta in numerose e importanti funzioni biologiche, molte delle quali ancora da chiarire; infatti, come tutti i mediatori chimici, agisce interagendo con vari e specifici recettori, espletando un effetto diverso in base alla regione corporea considerata. Possiamo quindi paragonare la serotonina ad una chiave, che, per esercitare la propria azione, ha bisogno di interagire con specifiche serrature, rappresentate dai suoi recettori; l'interazione tra chiave e serrature consente l'apertura di porte che presiedono al controllo dell'attività cerebrale e dell'intero organismo.
In seguito a questo è emerso che, i neuroni del cervello che rilasciano la serotonina sono unici, in quanto la quantità di neurotrasmettitore che rilasciano è normalmente controllata dall'assunzione di cibo: il consumo di carboidrati - agendo attraverso la secrezione di insulina e il "rapporto del triptofano", aumenta il rilascio di serotonina. Al contrario l'assunzione di proteine manca di questo effetto. Tuttavia, il rilascio di serotonina è anche coinvolto in funzioni come l'insorgenza del sonno, la sensibilità al dolore, la regolazione della pressione arteriosa e il controllo dell'umore. Quindi, molte persone affette da certe problematiche dell’umore, tendono a mangiare troppi carboidrati, soprattutto snack, come patatine o pasticcini e grassi industriali, per sentirsi meglio. Questa tendenza, ad utilizzare determinati alimenti come se fossero farmaci, è una causa frequente di aumento di peso e può essere osservata anche in pazienti che diventano grassi quando esposti a stress, in donne con sindrome premestruale, in pazienti con "depressione invernale", o in persone che stanno tentando di smettere di fumare. Certi studi hanno paragonato questo fenomeno, all’effetto della nicotina che, come i carboidrati nella dieta, aumenta la secrezione di serotonina nel cervello: l'astinenza dalla nicotina ha l'effetto opposto. Si verifica anche nei pazienti con bulimia di peso normale. In conclusione sappiamo che consumando un pasto con un alto carico glicemico, interverrà l'insulina, che, un primo momento, favorirà la serotonina, ma avverrà nelle ore successive il conseguente calo glicemico che innescherà il cortisolo, che favorirà la produzione di norodrenalina e di dopamina. Risultato? Ansia, calo di umore e simili. E per rimediare? Si percepirà nuovamente, il bisogno di mangiare carboidrati, per avere un’altra carica di serotonina e così via, e si è punto a capo, creando così il famoso circolo vizioso. Certi alimenti, e ovviamente il loro regolare utilizzo, come cereali, zuccheri, latte e latticini, stanno alla base appunto dell’insulino- resistenza, che è l’anticamera del diabete. In relazione a questo, studi importanti, hanno collegato, appunto, l'insulino-resistenza con la depressione. I ricercatori suggeriscono che l'insulino-resistenza può innescare, appunto, la produzione di ormoni contro-regolatori che svolgono un ruolo nella depressione. Il cortisolo, come menzionato prima, è un ormone di sforzo che contribuisce a fornire energia ai muscoli. Alti livelli di cortisolo sono significativamente collegati alla depressione.
Su queste basi si sta appunto sperimentando la nutrizione chetogenica per stabilizzare glicemia e insulina e osservarne gli effetti sui vari ormoni implicati. Di seguito riportiamo alcuni casi e considerazioni interessanti di studi di ricerca sull’argomento.
Due donne con disturbo bipolare di tipo II sono state in grado di mantenere la chetosi per periodi di tempo prolungati (rispettivamente 2 e 3 anni). Entrambe hanno sperimentato la stabilizzazione dell'umore che ha superato quella raggiunta con i farmaci; sperimentato un significativo miglioramento soggettivo che era distintamente correlato alla chetosi; e tollerato bene la dieta. Non ci sono stati effetti avversi significativi in entrambi i casi. Questi casi dimostrano che la dieta chetogenica è un'opzione potenzialmente sostenibile per la stabilizzazione dell'umore nella malattia bipolare di tipo II
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/m/pubmed/23030231/
“È stato stabilito come trattamento anticonvulsivante efficace e, più recentemente, è stato esplorato il ruolo della chetogenica nei disturbi mentali. La dieta chetogenica ha profondi effetti in più bersagli implicati nella fisiopatologia dei disturbi dell'umore, inclusi ma non limitati a, trasmissione del glutammato / GABA, livelli di monoammina, funzione mitocondriale e biogenesi, neurotrofismo, stress ossidativo, disfunzione e infiammazione dell'insulina. Studi preclinici, case report e serie di casi hanno dimostrato effetti antidepressivi e stabilizzatori dell'umore. A causa dei suoi potenziali benefici pleiotropici, la chetogenica dovrebbe essere considerata un promettente intervento nella ricerca di terapie per i disturbi dell'umore, specialmente nelle presentazioni resistenti al trattamento.”
“Esistono diversi motivi per sospettare che la dieta chetogenica possa anche avere utilità come stabilizzatore dell'umore nelle malattie bipolari. Questi includono l'osservazione che diversi interventi anticonvulsivanti possono migliorare i risultati nei disturbi dell'umore. Inoltre, si notano cambiamenti benefici nel profilo dell'energia cerebrale nei soggetti che seguono la dieta chetogenica. Ciò è importante poiché l'ipometabolismo cerebrale globale è una caratteristica del cervello degli individui depressi o maniacali. Infine, i cambiamenti extracellulari che si verificano nella chetosi dovrebbero ridurre le concentrazioni intracellulari di sodio, una proprietà comune di tutti gli stabilizzatori dell'umore efficaci. Sono garantiti studi sulla dieta chetogenica nella prevenzione delle ricadute di episodi di umore bipolare. “
Visti questi ulteriori benefici ecco perchè come giustamente propone il Dott.Riccardo Ferrero Leone si dovrebbe parlare sempre più di nutrizione chetogenica e non semplicemente di dieta.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/m/pubmed/11918434/?i=2&from=/23030231/related
https://www.bmj.com/content/330/7481/17.full?etoc=&eaf=