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Le domande più ricorrenti in relazione alla nutrizione probabilmente sono due: perché si ingrassa? E come si fa a dimagrire?
La risposta più comune è che la causa sia ovviamente riconducibile al fatto che si mangi troppo. Sostanzialmente è vero troppe calorie ingerite in proporzione al proprio fabbisogno promuovono generalmente l’aumento di peso. Ma questa spiegazione è completa? Ha basi scientifiche? E perché gli animali lasciati liberi di mangiare ciò che trovano in natura non eccedono nel cibo? In pratica cosa ci porta a mangiare più del necessario?
La risposta ha relazione con il nostro tessuto adiposo a questo riguardo già negli anni sessanta il fisiologo svizzero Albert Renold aveva già espresso quanto segue: “è il luogo principale in cui si svolge la regolazione attiva dell’accumulo e della mobilizzazione dell’energia, uno dei meccanismi di controllo primari per la sopravvivenza di ogni organismo”.
Il primo aspetto quindi da chiarire è che il tessuto adiposo è un organo a tutti gli effetti ecco perché è più corretto definirlo organo adiposo. Al suo interno troviamo l’adipocita, detto anche lipocita, o cellula adiposa, unità morfo-funzionale del tessuto adiposo, è una cellula fissa del tessuto connettivo deputata a sintetizzare, accumulare e cedere i grassi.
In queste cellule adipose devono giustamente entrare gli acidi grassi che verranno utilizzati come carburante. Invece il grasso accumulato è sotto forma di trigliceridi che sono formati da tre acidi grassi più una molecola di glicerolo che si legano all’interno della cellula adiposa. I trigliceridi però hanno un problema, una volta formati e costruiti all’interno delle cellule adipose sono troppo grossi per uscirne rimangono così imprigionati al loro interno, come un mobile montato in un appartamento e che non si può portare fuori intero perché la porta dell’appartamento risulta troppo piccola.
Cosa fare allora? Bisogna smontare il mobile in parti più piccole per portarlo fuori dall’appartamento. Quindi questo illustra che per portare fuori dalla cellula adiposa gli acidi grassi ora montati come trigliceridi serve qualcosa che li smonti e li renda nuovamente acidi grassi per essere utilizzati come fonte energetica. Molti sono gli ormoni coinvolti in questo meccanismo ma uno in particolare è l’insulina.
L’insulina influenza due enzimi la LPL (lipoproteinlipasi) e la HSL (lipasi ormono sensibile). Si è scoperto che più insulina secerniamo maggiore sarà l’attività della LPL sulle cellule adipose e maggiore sarà la quantità di grasso accumulato. Allo stesso tempo l’insulina sopprime l’attività della LPL a livello di cellule muscolari e di altri organi affinchè non vengano utilizzati gli acidi grassi come fonte energetica ma di usare il glucosio.
Invece la HSL ha proprio la funzione di scindere o smontare i trigliceridi per renderli di nuovo acidi grassi per farli uscire dalla cellula adiposa saranno così di nuovo nel circolo sanguigno. In pratica rappresenta il l’operario della ditta di traslochi che smonta il mobile per permettere che passi dalla porta. In questo caso l’insulina sopprime questo enzima e la conseguenza è che i trigliceridi rimarranno imprigionati all’interno della cellula adiposa senza nessuno che li smonti e li renda utilizzabili come fonte energetica.
L’insulina fa anche altro, ad esempio ordina alle cellule del fegato di non bruciare acidi grassi ma di riassemblarli sotto forma di trigliceridi e di rispedirli nel tessuto adiposo. L’insulina agisce anche come stimolo per creazioni di altre cellule adipose proprio per dare più spazio al grasso accumulato. Tutto questo spiega perché le diete a basso o bassissimo contenuto di carboidrati funzionano di più se paragonate con diete che modificano solo l’apporto calorico. I carboidrati determinano la maggiore secrezione di insulina e questo non permette all’organismo di utilizzare il grasso a fini energetici. Anche le diete che vanno a modificare solo l’introito calorico possono funzionare ma hanno un rovescio della medaglia che per ogni dieta è negativo: tendono a mantenere la sensazione di fame. Scopriamo quale soluzione ha trovato la ricerca scientifica.
Per completarne l’efficacia, oltre a esistere i protocolli chetogenici dimagranti che riducono l’assunzione di carboidrati anche sotto i 20 gr. al giorno, ci sono protocolli che abbassano anche l’apporto calorico. La base rimane comunque la riduzione importante dei carboidrati proprio per abbassare i livelli di insulina il più possibile in modo tale da riportare alla corretta regolazione gli enzimi in questione e proseguire così con il dimagrimento più lentamente anche quando il regime sarà nuovamente normocalorico. Il vantaggio però di questa strategia è il fatto che i corpi chetonici, oltre ad avere un ruolo disinfiammatorio importante, sostituiscono il glucosio come fonte energetica. In questo modo non ci sentirà ne affamati ne si avranno sbalzi glicemici pur seguendo una dieta con meno calorie e grazie alle giuste proteine e ai giusti grassi ci si sentirà sazi senza incorrere in carenze nutrizionali.
In pratica l’insulina come una guardia di confine blocca il grasso nel tessuto adiposo e si assicura che rimanga al suo interno. Come conseguenza i muscoli sono costretti a bruciare più carboidrati per compensare e così si svuotano le riserve di glicogeno e ciò ci rende affamati mangiando di più e intanto il nostro tessuto adiposo continua riempirsi di grasso.
Non meno importate nel determinare questo accumulo lipidico eccessivo e la sensazione di fame è il circuito neuro-ormonale delle dipendenze che è costantemente stimolato dall’ingestione di carboidrati raffinati.
A questo punto si comprende su quale base le diete chetogeniche e a basso contenuto di carboidrati migliorano sia il peso che l’assetto metabolico la funzione non ha a che fare solo con le calorie assunte come alcuni vogliono far pensare. Ovviamente non tutti dimagriranno nella stessa velocità abbassando solamente i carboidrati e arrivando in poco tempo al peso forma ci sono diversi altri aspetti da prendere in considerazione come, età, anni in cui si sono fatti errori alimentari, determinazione nel portare avanti un regime a basso contenuto di carboidrati, patologie, farmaci assunti ecc. ecc. Ad esempio è provato che più tempo una persona è stata in sovrappeso più tempo sarà necessario per rimettere apposto l’organo adiposo e costringerlo a ragionare in modo differente.
Dovete sapere che per quanto voi non vediate l’ora di perdere peso l’organo adiposo invece non ha nessuna intenzione di dimagrire vuole continuare a nutrirsi e ad avere” il pane quotidiano”. Per anni è l’organo adiposo che ha comandato e dettato i tempi di quando, cosa e quanto mangiare, ora volete farlo voi e la cosa non lo rende felice lotterà con tutte le sue forze per non lasciare il comando a nessuno.
Alcuni infatti per vedere un cambiamento importante, hanno dovuto ridurre i carboidrati a livelli molto bassi e per molto tempo, magari alternando giornate in cui venivano reintrodotti in una certa misura per poi nuovamente eliminarli. In altri casi aumentare le calorie per un certo tempo e poi ridurre nuovamente, proprio per permettere all’organismo di riscoprire questa flessibilità metabolica (la capacità di usare i grassi come fonte energetica e non solo i carboidrati) che purtroppo con un uso prolungato di molti carboidrati negli anni era andata perduta.
Quindi per riassumere una dieta chetogenica corretta in, proteine, grassi e carboidrati, mette in condizione la persona di non soffrire la fame evitando carenze nutrizionali e di conseguenza sarà molto più avvantaggiata ad abbassare l’introito calorico se sarà necessario.
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0955286304002645
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC288398/